LE ORIGINI DELLO YOSEIKAN BUDO
PREMESSA
Alla
domanda di un allievo che chiedeva al suo maestro quanti stili di
Karate ci fossero il
maestro rispose che vi sono molti stili, ognuno per ogni
praticante.
In pratica ognuno di noi deve trovare il proprio stile
qualsiasi sia la disciplina praticata.
E’ un po’ come
nella vita, qualsiasi sia l’occupazione, il mestiere che una
persona eserciti dovrà trovare il proprio stile, il suo
personalissimo modo di interpretarlo.
Ma non è che l’inizio
perché la qualità ed il valore di ciò che
facciamo nella vita non è dato certo da ciò che
facciamo ma da come lo facciamo.
Mi stò perdendo…
come al solito quando incomincio a parlare di Yoseikan Budo,
il pensiero vola ed è come un filo conduttore che mi collega e
mi porta a molti altri.
Il valore della pratica delle arti
marziali non è certamente quello di fare la guerra al
prossimo.
Certamente oggi, molti lo fanno con l’idea di
imparare a difendersi da qualche violento aggressore, ma il più
delle volte la paura, l’insicurezza, il sentirsi inadeguati, il
non equilibrio interiore è il vero nemico.
E così
come uno va in farmacia e prende un’aspirina per il mal di
testa, qualcun altro va in palestra di arti marziali per imparare o
meglio comprare un po’ di sicurezza dall’apprendimento
delle tecniche.
Ma mi sto perdendo ancora una volta e non ho
ancora spiegato cos’è lo Yoseikan Budo, ma ci
stiamo arrivando.
Semplificando
possiamo affermare che ognuna delle tante e diverse arti marziali ha
delle caratteristiche diverse che la identificano e la delineano.
Ad
esempio il Karate-do
è un metodo di combattimento che predilige le tecniche di
calci e di pugni, i cosiddetti atemì, una lotta a distanza
quindi.
Nel Ju-do
invece per lottare è fondamentale il contatto fisico, dobbiamo
afferrare, prendere l’avversario per poterlo poi proiettare o
bloccare a terra.
Poi vi sono numerose varianti e stili a seconda
delle popolazioni delle diverse latitudini e paesi, altre che
studiano l’applicazione delle varie armi, ecc… e così
via e chi più ne ha è più ne metta.
Quando
parliamo di Yoseikan Budo non parliamo di stile, ma parliamo di
metodo.
Lo
Yoseikan Budo ha la sua matrice nell’antica arte
guerriera del Samurai.
Un samurai aveva una conoscenza ed
una preparazione quasi completa nell’arte del combattimento.
Sapeva combattere corpo a corpo, era certamente un grande esperto di
scherma con la spada, sapeva tirare con l’arco, andava a
cavallo, per lui non vi erano differenze.
Era a suo agio in
qualsiasi situazione si trovasse ad affrontare, combatteva ovunque e
comunque, ma aveva un suo metodo e soprattutto un solo ed unico
attrezzo che conosceva alla perfezione e che usava in ogni occasione:
se stesso.
Per
meglio spiegare questo metodo, possiamo dire che è un po’
come per l’alfabeto, con le varie lettere. Impariamo all’inizio
usando le lettere a comporre le parole e con le parole le frasi, con
l’uso delle frasi impariamo a comunicare, ad esprimerci; più
parole conosciamo e più possibilità di comunicare
abbiamo.
Certamente noi non comunichiamo solo a parole, ma
soprattutto a gesti, il cosiddetto linguaggio del corpo.
Il
movimento del braccio dall’alto verso il basso può
diventare un tetsuì nel karate, ma se armiamo la mano con un
martello, con lo stesso movimento piantiamo semplicemente un chiodo,
o tagliamo un legno se usiamo l’accetta.
Con lo stesso
schema di movimento o matrice eseguiamo funzioni diverse.
Importante
quindi imparare l’alfabeto, il metodo del movimento
arricchendolo di schemi di riferimento, ma lasciando soprattutto ad
ognuno una libera ricerca, interpretazione e motivazione dello stesso
gesto, lo stile.
Nello
Yoseikan Budo vengono insegnati quanti più schemi e
movimenti possibili che successivamente, verranno poi applicati nelle
più disparate situazioni: a contatto, a distanza o con l’uso
delle varie armi.
L’atleta così avrà delle
tracce di riferimento e si adatterà nelle più disparate
situazioni, la realtà non è prevedibile perché
ogni gesto spontaneo non è mai lo stesso.
Chiaramente è
l’esecutore a determinare la qualità e la validità
della tecnica. Una persona equilibrata e sicura esprimerà
gesti equilibrati e sicuri, una persona insicura invece esprimerà
inevitabilmente le sue insicurezze e le sue paure attraverso il
gesto.
Lo scopo principale quindi dello Yoseikan Budo non è
solo quello di arricchirsi di schemi di movimento, di tecniche più
o meno efficaci, offensive o difensive che siano, ma quello
attraverso la consapevolezza dei gesti imparare a conoscersi
interiormente.
Prendere coscienza attraverso il gesto di come
siamo fatti , di come affrontiamo la realtà nel quotidiano e
cercare di migliorare la qualità della nostra comunicazione
con il mondo esterno, là dove riteniamo che i nostri schemi e
riferimenti si dimostrino inadeguati.
Il messaggio delle arti
marziali è questo e lo Yoseikan Budo, con il suo metodo, cerca
di interpretare nel modo più completo possibile questa
proposta.
M° Silvano TOMBA
LA STORIA
Nascita dello Yoseikan Budo
Agli inizi del 1900, nella città giapponese di Fukuoka, un maestro di arti marziali stava cercando un nome per il Dojo che era intenzionato ad aprire; un monaco gli propose di chiamarlo Yo Sei Kan, il Luogo del Giusto Insegnamento, ed egli accettò.
Questo Maestro, il cui nome è Mochizuki Minoru, aveva praticato a lungo con i migliori Maestri dell'epoca tra i quali Jigoro Kano (ideatore del Judo) e Uyeshiba (ideatore dell'Aikido) accumulando una esperienza tale che sommando tutti i gradi nelle varie discipline in seguito studiate raggiunge oggi il più che rispettabile numero di 59 Dan, il più alto al mondo.
Alla sua scuola si formarono molti altri Maestri che iniziarono a diffondere il Budo Yoseikan in Giappone e nel mondo; tra quelli che arrivarono in Europa vi fu Hiro Mochizuki, il primogenito del Maestro, che iniziò ad insegnare tutte le antiche arti separatamente in modo tradizionale sino a quando scoperse la scienza occidentale negli studi sui meccanismi delle catene cinetiche del prof. Gatt ed i test di dinamica del movimento che questi aveva effettuato.
Fu un autentico colpo di genio fondere la modernità con tutte le tradizioni dando vita ad un unico nuovo stile dove non era più il corpo ad adattarsi alle tecniche ma le tecniche a prendere la forma del corpo che le esegue; egli chiamò il suo stile Yoseikan Budo quale evoluzione ed in onore di quello del padre. Molti dei suoi allievi migliori si convertirono a questi principî e la nuova disciplina iniziò a diffondersi sino ad un evento molto comune nella vita di molti padri; quando i figli crescono e diventano adulti possono trovarsi in disaccordo con il loro genitore specialmente se questi mantiene un atteggiamento discutibile nei loro confronti e non riconosce la loro maturità ed autonomia di giudizio. Così i figli generarono le proprie famiglie ed una di queste è la FIYB-Libertas attualmente guidata dal M° Silvano Tomba.
Lo Yoseikan Budo oggi
Il
frutto, si sa, non cade lontano dall'albero e tecnicamente parlando
non ci sono grosse differenze con la scuola originale: 5 kata
inferiori comprendenti colpi e leve, un kata di base di calci e 3
kata di base per le armi (coltello, spada e bastone) sono il bagaglio
tecnico dell'aspirante 1° Dan, ma bisogna anche dimostrare di
conoscere, almeno nei fondamenti, le 20 tecniche di base
dell'Aikido.
Per molti praticanti di arti marizali la
Cintura Nera è un punto di arrivo ma per chi pratica questa
articolata disciplina è appena il punto di partenza; ciò
che si è dimostrato di saper eseguire da soli bisogna saperlo
fare con un avversario reale.
Per il 2° Dan, vero scoglio del
praticante di questa disciplina, oltre al 1° kata superiore ci
sono appunto i kata in coppia, con armi e senza: il Ken Kihon
Kumite, i fondamenti del combattimento con la spada, e il Tai
Sabaki no Kata contenente i principî di schivata,
proiezione e caduta dell'Aikido; facoltativo è il
Sempu, un kata di Nunchaku. Salendo ancora, il percorso si
inerpica e le tecniche statiche a coppia devono venir eseguite legate
e dinamicamente, ma omettiamo per brevità la descrizione dei
programmi dei gradi superiori.
Il Metodo di Studio
Balza indubbiamente all'occhio la quantità di materiale e di lavoro necessaria per progredire in questa disciplina ed è lecito domandarsi quale sia la differenza con la scuola originaria; questa differenza è esprimibile in un semplice concetto: in Giappone si parte dalla forma codificata per insegnare a combattere mentre secondo il punto di vista della nostra scuola il Kata è solo la successiva codifica formale dell'esperienza acquisita del combattimento e delle sue sensazioni.
Ovviamente per acquisire l'esperienza necessaria per comprendere quanto sopra è caldamente consigliata la partecipazione a qualche combattimento in quella forma ritualizzata che è l'incontro sportivo; le quattro specialità previste sono: Kata, Semi-contact (regolamento W.A.K.O. o FREESTYLE), Pugnale e Spada, quest'ultima riservata alle cinture nere.
Per poter diffondere una disciplina dai contenuti così vasti è necessario avere un corpo insegnante motivato, ben preparato e di lunga esperienza; la FIYB- Libertas per far accedere un candidato al primo grado di insegnamento (qualifica di Allenatore) richiede che egli sia almeno 2° Dan, e viene fatto poi partecipare ad un corso comprendente varie materie che vanno, tra le altre, dalla fisiologia al primo soccorso, dalla storia delle arti marziali alle tecniche di insegnamento e di comunicazione, dalla strategia di gara all'arbitraggio. I docenti di questi corsi sono sia interni che esterni al gruppo dirigente, i cui membri continuano ad accrescere il proprio bagaglio di esperienze con contatti sia in Italia che all'estero (in Francia, Inghilterra, Svizzera ed ovviamente Giappone) appartenenti alla stessa come ad altre discipline: Judo, Jujitsu, Aikido, Iaido ed altre ancora.
Purtroppo queste poche righe non possono essere che un piccolo assaggio della realtà di questa articolata e completa disciplina, scientifica ed umana allo stesso tempo, una disciplina moderna che affonda le proprie radici nei secoli passati della storia giapponese e che vive attraverso i decenni di esperienza di ogni suo rappresentante, esperienza a cui noi chiediamo che non venga mai posta la parola fine.
M° Muzio BOBBIO